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La sindrome dell’abbandono

La sindrome dell’abbandono è collegata a un processo di dipendenza affettiva scaturita da ciò che abbiamo vissuto nei nostri primi anni di vita. In particolare è importante fare riferimento alla teoria dell’attaccamento, teorizzata per la prima volta negli anni Cinquanta dallo psichiatra John Bowlby. L'attaccamento sicuro è caratterizzato dalla fiducia negli altri e dalla capacità di relazionarsi. L’attaccamento insicuro-evitante, nasce dalla convinzione di un bambino di non ricevere aiuto da chi lo accudisce. L’adulto fa affidamento solo su se stesso e prova una paura anticipatoria quando si trova davanti all’opportunità di instaurare qualsiasi tipo di relazione. Il soggetto fa di tutto per evitare i legami più intimi proprio perché ha già conosciuto l’abbandono.

L’attaccamento insicuro-ansioso rispetto all’evitante è più propenso alle relazioni, ma le vive con la costante ricerca del controllo, poiché titubante e insicuro. Inizia a monitorare i movimenti dell’altra persona. Questo comporta il bisogno di una conferma nell’altra persona e se non arriva o non viene percepita dà vita ad azioni che vanno dall’attaccamento morboso per mantenere la relazione, fino alla violazione della privacy, sfociando nei casi più estremi anche nello stalking. La persona con un attaccamento disorganizzato ha un urgente bisogno di attenzioni, ma poi le rifiuta. Mostra un’incoerenza emotiva che lo porta alla spasmodica ricerca di un pilastro affettivo, frenata però dalla paura di perderlo, fino a tenere una sorta di distanza di sicurezza. L’individuo è conscio della sua ambiguità nella sfera dei sentimenti.

La paura di legarsi o di essere lasciati causano un forte stress nel soggetto, quindi disturbi psicosomatici ma portano anche all’incapacità di gestire i rapporti con le altre persone. Coloro che soffrono della sindrome dell’abbandono mantengono relazioni tossiche, perché la paura di restare da soli impedisce la separazione. La perdita di un "appiglio" genera insicurezza, ansia.

I sintomi che compaiono possono essere: attacchi di panico, disturbi del sonno, difficoltà a gestire la rabbia, pensieri intrusivi ed ossessivi, sintomatologia depressiva. Possono essere presenti anche difficoltà a chiudere una relazione di coppia, estrema sensibilità al giudizio altrui, paura ad instaurare nuovi legami affettivi, ricerca di continue rassicurazioni e conferme altrui.

Chi soffre della sindrome dell’abbandono necessita di un percorso psicoterapico, e spesso la direzione che viene proposta è proprio quella consapevolezza del distacco e di una nuova apertura. Accettare la possibilità di un abbandono vuol dire accettare la vita stessa e la sua inevitabilità, arrivando persino a trasformare la crisi in cambiamento. Non a caso la parola crisi deriva dal greco antico κρίσις, ovvero “separazione” ma anche “punto di svolta”. Questo doppio significato ci offre l’opportunità di vedere la separazione e con sé l’abbandono, come il ponte per un nuovo futuro, libero dalle dipendenze affettive e dalla paura di perdere ciò che abbiamo e chi ci circonda.

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