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Il burnout

Il burnout è una sindrome di esaurimento emotivo, di depersonalizzazione e derealizzazione personale, che può manifestarsi in tutte quelle professioni con implicazioni relazionali e non solo; quindi è un insieme di sintomi che deriva da una condizione di stress cronico e persistente, associato al contesto lavorativo.

È una condizione in costante e graduale aumento tra i lavoratori dei paesi occidentalizzati a tecnologia avanzata, poiché si sono verificati cambiamenti sostanziali e significativi sia nei posti di lavoro sia nel modo in cui si lavora.

Le componenti della sindrome:

- deterioramento dell'impegno nei confronti del lavoro;

- deterioramento delle emozioni originariamente associate al lavoro;

- problema di adattamento tra persona ed il lavoro, a causa delle eccessive richieste di quest'ultimo.

Se non opportunamente trattate, queste persone vanno incontro ad un lento processo di "logoramento" o "decadenza" psicofisica dovuta alla mancanza di energie e di capacità per sostenere e scaricare lo stress accumulato (il termine burnout in inglese significa proprio "bruciarsi"). La sindrome si manifesta generalmente seguendo quattro fasi.

La prima, preparatoria, è quella dell'"entusiasmo idealistico".

Nella seconda ("stagnazione") il soggetto, sottoposto a carichi di lavoro e di stress eccessivi, inizia a rendersi conto di come le sue aspettative non coincidano con la realtà lavorativa. L'entusiasmo, l'interesse ed il senso di gratificazione legati alla professione iniziano a diminuire.

Nella terza fase ("frustrazione") il soggetto affetto da burnout avverte sentimenti di inutilità, di inadeguatezza, di insoddisfazione, uniti alla percezione di essere sfruttato, oberato di lavoro e poco apprezzato; spesso tende a mettere in atto comportamenti di fuga dall'ambiente lavorativo, ed eventualmente atteggiamenti aggressivi verso gli altri o verso se stesso.

Nel corso della quarta fase ("apatia") l'interesse e la passione per il proprio lavoro si spengono completamente e all'empatia subentra l'indifferenza, fino ad una vera e propria "morte professionale".

Chi sono i soggetti più a rischio?

Inizialmente, la sindrome del burnout è stata correlata alle cosiddette "helping professions", cioè le professioni sanitarie e assistenziali che prevedono un contatto con le persone o deputate alla difesa, alla sicurezza pubblica ed alla gestione delle emergenze: infermieri, medici, insegnanti, assistenti sociali, operatori per l'infanzia, poliziotti e vigili del fuoco. In seguito, si è riconosciuto che il burnout può associarsi a qualsiasi contesto lavorativo in cui esistano forti condizioni stressanti e pressanti o implicazioni relazionali molto accentuate.


La sindrome da burnout è sostenuta, quindi, da un vissuto di demotivazione, delusione e disinteresse. I ritmi intensi, le richieste pressanti e la responsabilità lavorativa in combinazione alla tendenza ad identificarsi con la propria professione, determinano spesso un grande investimento di energie e risorse che, nel tempo, può facilitare la comparsa di questa forma di esaurimento.


La risoluzione del burnout prevede un approccio sia a livello organizzativo, che a livello individuale. Innanzitutto, l'intervento deve favorire una maggiore consapevolezza del problema nella propria vita professionale, quindi il soggetto che ne soffre deve riconoscere i fattori responsabili dello sviluppo e del mantenimento dell'esaurimento psicofisico. Inoltre, è necessario comprendere le relazioni esistenti tra il comportamento personale, il proprio vissuto ed il contesto di vita e lavorativo.

Gli interventi psicoterapeutici contribuiscono a migliorare la prognosi del burnout, tenendo conto della complessità della patologia e della specifica individualità del soggetto. Questo percorso è finalizzato a fornire al paziente informazioni chiare e specifiche sul suo disturbo per aiutarlo a gestire la sintomatologia, favorendo un adeguato esame di realtà, riducendo le difficoltà sociali, cognitive e psicologiche.

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